Licenziamento disciplinare tardivo: no alla reintegrazione, sì all’indennità
- Posted by Francesca Dimunno
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Riguardo il tema del licenziamento disciplinare tardivo, la Cassazione a Sezioni Unite esclude che il lavoratore debba essere reintegrato nel posto di lavoro.
Uno tra i principali requisiti richiesti affinché la contestazione disciplinare sia valida per il licenziamento per giusta causa è la sua tempestività.
Infatti, il datore di lavoro, nell’esercitare il potere disciplinare, dovrà comportarsi secondo buona fede, ragione per cui la contestazione dovrà necessariamente essere caratterizzata dalla immediatezza, ciò anche al fine di garantire il diritto alla difesa del lavoratore.
In caso di contestazione disciplinare tardiva, si è formato un contrasto giurisprudenziale, poiché alcune sentenze giungevano a riconoscere al lavoratore unicamente una indennità, altre, aventi ad oggetto la medesima questione, statuivano il necessario reintegro dello stesso nel posto di lavoro.
A chiarire il contrasto e la confusione in ordine al tipo di sanzione da applicare al licenziamento dopo la contestazione disciplinare tardiva, è intervenuta la Cassazione a Sezioni Unite con la pronuncia del 27/12/2017 n. 30985.
Le Sezioni Unite hanno chiarito che in casi di licenziamento disciplinare tardivo, il lavoratore non potrà essere reintegrato, ma avrà diritto ad un’indennità.
Questa indennità sarà “debole” nei casi in cui la tardività possa essere definita “vizio procedimentale” cui troverà applicazione il 6 comma dell’art. 18, L. 20/05/1970 n. 300 (Statuto dei Lavoratori), il quale stabilisce una “indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata” “tra un minimo di sei ed un massimo di dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto”.
Il lavoratore avrà diritto a percepire una indennità “forte” nei casi in cui la tardività si traduce in un vero e proprio “licenziamento ingiustificato” e troverà applicazione il 5 comma dell’art. 18, il quale, a sua volta, stabilisce una “indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata tra un minimo di dodici e un massimo di ventiquattro mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto”.
La Corte ha, quindi, chiarito che la tardività non dà luogo a nullità del licenziamento, ma essendo inadempimento del datore di lavoro al dovere di buona fede e correttezza, con riferimento al momento della comunicazione, sorgerà unicamente il diritto alla indennità.
La Corte chiarisce che la tutela reintegratoria non potrà trovare applicazione, in quanto questa presupporrebbe l’insussistenza del fatto contestato, mentre nel caso di addebito disciplinare, il fatto è comunque esistente.
Concludendo, la reintegra può trovare applicazione unicamente nel caso di “licenziamento gravemente infondato”.
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